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Manicardi - 19 maggio 2013 Pentecoste

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 Fonte: monasterodibose
domenica 19 maggio 2013
Anno C
At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26


Lo Spirito santo interiorizza nel credente la presenza di Cristo (vangelo) e diviene in lui testimonianza del suo essere figlio di Dio sicché può pregarlo invocandolo “Abbà”, “Padre” (II lettura).
La presenza dello Spirito nel credente non è facilmente leggibile dagli uomini, anzi, come Cristo stesso suscita divisione tra gli uomini che incontra portandoli a una presa di posizione, così l’azione dello Spirito nel credente suscita una divisione tra chi se ne lascia interpellare e chi lo misconosce e lo svilisce (I lettura: “Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: ‘Che significa questo?’ Altri invece li deridevano e dicevano: ‘Si sono ubriacati di mosto’”: At 2,12-13).

Mentre Gesù lascia i suoi e prende commiato da loro con il discorso di addio, in cui rivela ai discepoli le contrarietà e le tribolazioni che dovranno affrontare nel mondo, egli lascia loro anche il Paraclito (cf. Gv 14,16.26), ovvero, nel linguaggio giuridico dell’epoca, l’avvocato difensore, l’aiuto potente che li sosterrà nelle lotte che dovranno affrontare. Il dono del Paraclito abilita il cristiano alla lotta spirituale grazie alla quale soltanto viene preservata la fede che, nel mondo, è sempre minacciata.

Gesù promette la sua preghiera per i discepoli con lo scopo di ottenere il dono dello Spirito: l’intercessione di Gesù incontra così la preghiera di domanda essenziale e irrinunciabile del credente: la preghiera che chiede lo Spirito. “Il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11,13). Il dono dello Spirito per i cristiani è dunque chiesto da Cristo nella sua qualità di intercessore ed è la cosa buona per eccellenza e veramente imprescindibile che il cristiano è chiamato a domandare nella sua preghiera. Ed è la preghiera che viene esaudita perché è domanda nel nome di Cristo. Lo Spirito infatti, è “l’altro Paraclito” (Gv 14,16), altro rispetto a Cristo stesso (cf. 1Gv 2,1). Se Cristo, in quanto Paraclito, è stato accanto ai suoi e con loro nel tempo della sua esistenza terrena, ora lo Spirito Paraclito sarà per sempre con i discepoli (cf. Gv 14,16) e sarà in loro (cf. Gv 14,17).

Il compito dello Spirito, chiamato anche “Spirito di verità” (e per Giovanni la verità è la rivelazione cristologica), è di condurre il credente a un’assimilazione in profondità, un’interiorizzazione delle parole e dell’insegnamento di Gesù, dunque della sua stessa vita e presenza. Le funzioni dello Spirito sono: insegnare e ricordare (cf. Gv 14,26), dunque funzioni che orientano verso l’interiorità, l’edificazione di una vita interiore. Questo testo giovanneo sottolinea la dimensione interiore dell’azione dello Spirito, essenziale per una vita cristiana che voglia essere sacramento della presenza del Signore. Senza vita interiore animata dallo Spirito, la sequela di Cristo resta su un piano di pura esteriorità, la fede rischia di ridursi a gnosi, la speranza a ideologia, l’amore ad attivismo.

Mi pare fondamentale ricordare che, soprattutto per la trasmissione della fede, è basilare aiutare il formarsi nei giovani di uno spazio interiore, di una capacità dialogica, riflessiva, una capacità di collegare interno ed esterno, emozioni sentite in sé ed eventi vissuti esteriormente, una capacità critica e di autoanalisi. Dunque, di aiutare lo sviluppo di una dimensione umana, umanissima, di interiorità. Non sarà certo ancora la vita spirituale cristiana, ma ne può costituire l’indispensabile fondamento umano. I movimenti del guardare dentro di sé, di ascoltare il proprio corpo, di nominare le proprie emozioni, di valutare le proprie azioni, di pensare e riflettere, di interrogarsi e porsi in questione, di stare in solitudine e di abitare il silenzio, sono movimenti umani tutt’altro che estranei alla vita spirituale cristiana. Questa nasce dall’ascolto della Parola di Dio e dall’accoglienza del dono dello Spirito. E l’uomo spirituale che nasce dalla Parola deposta nel suo cuore e fecondata dallo Spirito è l’uomo capace di amore, l’uomo che ama il Signore e anche i fratelli. È l’amore che garantisce l’autenticità dello spirituale cristiano.

LUCIANO MANICARDI
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