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Goffredo Boselli La fede celebrata

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🙏La fede celebrata. La trasmissione della fede non può avvenire senza la trasmissione del vero senso della liturgia cristiana. 

 in “Vita Pastorale” n. 11 
del dicembre 2017



A causa delle sue radici bibliche e fin dalle sue origini pasquali, la fede cristiana non è stata solo professata, testimoniata e vissuta, ma anche celebrata. Questo a dire che non vi può essere una fede confessata che non sia al tempo stesso fede celebrata dalla comunità cristiana attraverso parole, gesti, linguaggi, tempi e spazi generati dall'incontro tra la parola di Dio e la fede della Chiesa.
La fede celebrata è fede pregata, è fede nutrita dal Corpo di Cristo che è Vangelo ed eucaristia, è fede professata insieme ai fratelli e alle sorelle, è fede custodita dalla comunità nella forma della comunione e della condivisione. Una fede solo professata ma non celebrata si riduce a mera conoscenza per poi irrigidirsi in dottrina. Una fede solo testimoniata ma non celebrata assume i toni della propaganda e lo stile del proselitismo. Una fede solo vissuta ma non celebrata è destinata, a lungo andare, a declinarsi in semplice morale, a impegno sociale e a promozione umana. Celebrare significa ricondurre la vita della fede alla sua unica e inesauribile sorgente, che è l'ascolto della parola di Dio e l'epiclesi dello Spirito santo. Solo la Parola e lo Spirito rendono vivo il mistero pasquale che non è solo la morte e la risurrezione, ma tutta la vita del Figlio.
Il vastissimo tesoro delle tradizioni liturgiche
Non è, dunque, possibile comunicare il contenuto della fede all'uomo e alla donna di oggi senza introdurre il credente al significato e al valore della celebrazione della fede. Non sarà mai autentica iniziazione alla fede quella che non sa iniziare anche alla celebrazione della fede. Ma come è stato possibile pensare di annunciare la vita buona del Vangelo senza affermare il ruolo decisivo della liturgia nella trasmissione della fede? Senza ricordare che è nei sacramenti che la bontà del Vangelo prende corpo allo scopo di diventare vita vissuta? Per un grande padre della Chiesa come Clemente di Alessandria, i non iniziati ai misteri, cioè i credenti che non sanno celebrare la loro fede, assomigliano a coloro che nella danza non hanno il senso della musica.
Il Catechismo ancora oggi, a venticinque anni di distanza, rimane il punto più maturo e avanzato dell'insegnamento della dottrina cattolica sulla liturgia. La catechesi liturgica che esso offre rappresenta un importante accrescimento dell'intelligenza del senso della celebrazione del mistero.
Questo specialmente in ragione della qualità evangelica e del genuino spirito cristiano espressi dall'insegnamento liturgico del Catechismo, per l'affiato biblico e patristico che lo attraversa, per il suo ampio attingere al vastissimo tesoro delle tradizioni liturgiche d'Oriente, valorizzando le ricchezze della liturgia romana rinnovata dal Vaticano II.
Il Catechismo coniuga fedeltà alla grande tradizione liturgica cristiana con la capacità di esprimere il significato e il valore della celebrazione del mistero nell'oggi della Chiesa e del mondo. Il rinnovamento della liturgia, voluto dal Vaticano II e attuato nella vita delle Chiese locali, nelle pagine del Catechismo ha raggiunto la piena maturità teologica e spirituale.
La singolare autorevolezza dottrinale che il Catechismo possiede fa dell'insieme del suo contenuto un punto di non ritorno nella comprensione del mistero della liturgia. E, al tempo stesso, un riferimento particolarmente autorevole di fronte a ogni possibile messa in discussione dei princìpi teologici che stanno a fondamento del rinnovamento liturgico compiuto dalla Chiesa a partire dal Concilio. Allo stesso modo, è un solido e irrinunciabile punto di partenza per il rinnovamento liturgico degli anni futuri. Il Catechismo insegna la fede della Chiesa nella sua liturgia, in quanto credere la Chiesa, come si professa nel Simbolo di fede, significa anche credere alla liturgia che essa celebra.
L'insegnamento liturgico del Catechismo dichiara subito il suo stile pedagogico: «Questa catechesi fondamentale delle celebrazioni sacramentali risponderà alle prime domande che i fedeli si pongono a proposito di questo argomento: chi celebra? come celebrare? quando celebrare? dove celebrare?» (1135).
"L'assemblea celebrante"
La scelta del Catechismo di esporre l'insegnamento liturgico nella forma di risposte a quattro semplici e concrete domande poste dai fedeli, definisce non solo la precisa scelta della mistagogia come metodo di catechesi, ma fa del Catechismo un vero e proprio Mistagogo e, di conseguenza, di coloro che se ne accostano, degli iniziati ai santi misteri. Questa inequivocabile opzione, tra le diverse possibili, rivela e a un tempo autorevolmente suggella la consapevolezza dell'intima connessione tra liturgia e catechesi, propria non solo della tradizione patristica ma già visibile nelle stesse Sante Scritture fin dall'evento il cui memoriale fonda tutta la ritualità ebraica e cristiana: la Pasqua.
Come esempio della pedagogia liturgica del Catechismo, limitiamoci alla risposta che esso dà alla prima domanda: «Chi celebra?». La liturgia non è azione di uno o di qualcuno soltanto al quale la comunità cristiana delega la celebrazione dei santi misteri, ma «è tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra» (1140); «l'assemblea che celebra è la comunità dei battezzati» (1141), in nome del sacerdozio comune di Cristo al quale tutte le sue membra partecipano. Precisando, quindi, il servizio essenziale ed esclusivo reso alla comunità dai ministri ordinati, i quali «operano nella persona di Cristo-Capo per il servizio di tutte le membra della Chiesa» (1142), il Catechismo formula una nuova e audace espressione: «Tutta l'assemblea è "il liturgo"» (1144).
Di fronte alle resistenze all'uso dell'espressione "assemblea celebrante" — fatta anche oggetto di espliciti divieti — il Catechismo va ben oltre insegnando che non solo la comunità cristiana è «soggetto integrale dell'azione liturgica» (come recita il titolo di un celebre articolo di Congar), ma che la comunità riunita in assemblea non è solo a pieno titolo soggetto della celebrazione liturgica ma è essa stessa liturgia in quanto Ecclesia congregata.
Se la promulgazione del Catechismo 1'11 ottobre del 1992, a trent'anni di distanza dal Concilio, è stato accolto e riconosciuto come un avvenimento di particolare importanza per la vita della Chiesa, ancora oggi, venticinque anni dopo, esso resta uno strumento indispensabile e decisivo per la trasmissione della fede della Chiesa che comporta in sé stessa anche la trasmissione del vero senso della liturgia.
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