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Gianfranco Ravasi La mistica non è misticismo

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20 agosto 2017 
SOLE 24 ORE DOMENICA 
Rassegna stampa dal sito Moked



Tempo fa, entrando in una mega-libreria al centro di una città, ho scoperto una sezione che recava la titolatura Religione, spiritualità, esoterismo. Questa miscela di componenti disparate è, certo, generata dalla scarsa conoscenza dello statuto specifico di realtà molto diverse tra loro, etichettate spesso sotto l’ombrello generico del termine “spiritualità”. Ma è anche dovuta a un fenomeno carsico effervescente, ossia la produzione libraria di cascami e ciarpami di vaga interiorità, di spiritualismo, di devozionalismo, di rivelazioni eccitanti e persino di magia, astrologia, occultismo, arcano, esotismi e appunto di esoterismo.
In realtà, come esiste quella disciplina dotata di un suo rigoroso metodo epistemologico che è la teologia, così da sempre si sviluppa un orizzonte spirituale che ha una sua fisionomia tipica e che va sotto il nome di “mistica”, da non confondere appunto con un gassoso “misticismo”. Essa, infatti, è retta da una sua “grammatica” ideale, oggetto di molteplici analisi non solo teologiche ma anche antropologiche, psicologiche e persino letterarie: tanto per fare un esempio, le opere di Teresa d’Avila o di Giovanni della Croce appartengono di diritto alla letteratura spagnola del siglo de oro, oltre che a un orizzonte spirituale di straordinaria genialità. Se, poi, si volesse avere sotto mano una prova ulteriore, si legga anche solo qualche pagina di quell’affascinante personaggio contemporaneo di Dante che è Meister Eckhart: uno dei suoi maggiori interpreti, Marco Vannini, suo cultore da quasi mezzo secolo, ha da poco approntato una sontuosa edizione-versione del commento latino di Eckhart al Vangelo di Giovanni (collana “Il pensiero occidentale”, Bompiani), sul quale forse meriterebbe ritornare.
Si tratta, infatti, di un vero e proprio gioiello in cui una tagliente razionalità, scandita attraverso le sequenze numerologiche delle argomentazioni quasi sillogistiche, si incrocia e si compone con una meta-razionalità che trasfigura l’analisi esegetica in esperienza mistica trascendente. Si comprende, allora, perché anche figure così distanti dalla fede come Bertrand Russell (chi non conosce, almeno di fama, il suo saggio Perché non sono cristiano?) non ha esitato a scrivere nel 1918 un testo sorprendente fin nel titolo Misticismo e logica. In quelle pagine senza remore o imbarazzi asseriva che «i più grandi filosofi hanno sentito il bisogno sia della scienza sia della mistica». E tentava anche una definizione di questa realtà apparentemente così fluida e allergica a ogni stampo classificatorio: «La mistica è, in sostanza, poco più di una certa intensità e profondità di sentimento nei riguardi di ciò che si pensa a proposito dell’universo».
Affermata dunque l’identità propria dell’alta “mistica”, è necessario isolare anche una fascia intermedia che si potrebbe definire di “spiritualità”, che non raggiunge lo zenit sfolgorante della mistica appena evocata ma che è ben aliena dal nadir della voragine ove si accumula la paccottiglia spiritualeggiante a cui prima si alludeva. A questo ambito medio ma qualitativamente degno si possono assegnare molti scritti che rivelano una loro capacità intuitiva e che suggeriscono un’esperienza interiore efficace. Alla proposta di questo orizzonte si dedica non di rado l’editrice Qiqajon della nota Comunità di Bose, il cui catalogo permette però di accedere anche ai piani alti della mistica (spesso dell’Oriente cristiano). Solo a titolo esemplificativo, affidandoli alla lettura che è agevole e suggestiva, segnalo una trilogia di volumetti da poco pubblicati proprio da questa editrice che nel suo nome evoca l’alberello (il ricino?) sotto cui Giona, il profeta biblico renitente, si riparò dal sole cocente di Ninive.
Il primo non proviene dalla penna di un ecclesiastico, bensì di un biologo che è anche un noto scrittore francese, Alexis Jenni (1963), Premio Goncourt nel 2011. Egli presenta Il volto di tutti i volti, che è quello divino, e lo fa con una freschezza inattesa che non è – come egli scrive – una fredda “enunciazione”, bensì un’“annunciazione” epifanica. Attraverso un bagaglio di esperienze personali (è facile pensare all’altro francese più popolare, il Carrère del Regno, il cui percorso è però inverso, dalla fede all’agnosticismo), Jenni ricompone quasi a mosaico, attraverso le molteplici facce umane, il volto unico di Cristo “icona” perfetta di Dio, come diceva s. Paolo (Colossesi 1,15).
L’idea balenava già nell’Artefice di Borges che, riconoscendo che non abbiamo ritratti di Cristo (neppure evangelici) e ammiccando anch’egli all’Apostolo, scriveva: «Forse un tratto del volto crocifisso si cela in ogni specchio, forse quel volto morì, si cancellò, affinché Dio sia tutto in tutti».
Il percorso per scoprire quel volto unico e molteplice è da Jenni affidato alla corporeità, come spesso accade anche alla mistica autentica che non è un’eterea contemplazione né un decollo dalla polvere della storia verso i cieli di una rarefatta astrazione estatica. Così, le tappe di questo itinerario verso Dio e il suo profilo luminoso sono scandite da un settenario sensoriale: sapere, gustare, vedere, intendere, sentire, toccare, parlare. E giustamente alla copertina è stato apposto un carnale abbraccio di due visi immersi nella pienezza dell’abbandono notturno dei corpi sognanti, cioè un bronzo di Igor Mitoraj (ma l’immaginazione corre anche a quel capolavoro berniniano che è l’Estasi di s. Teresa nella chiesa romana di S. Maria della Vittoria).
Solo un cenno alle altre due opere “spirituali” che mostrano un particolare aspetto del genere di cui trattiamo, cioè il loro affondarsi nel mare delle Scritture Sacre. Per primo facciamo entrare in scena Rowan Williams, che dal 2002 al 2012 è stato a capo della Chiesa anglicana come arcivescovo di Canterbury. Egli si affida alle pagine di s. Paolo per ricomporre il volto di Dio, consapevole della potenza dirompente dell'Apostolo nello stracciare certe immagini stereotipate del divino, soprattutto con l’irruzione di Cristo, che è la «pericolosa novità» introdotta dal cristianesimo. Devo confessare che il dettato dell’arcivescovo odora un po’ di “ecclesialese”, pur col suo sforzo di interloquire con le istanze contemporanee. Tuttavia è evidente che l'ancoraggio testuale è solido e impedisce di stemperare il messaggio teologico in un impalpabile appello predicatorio. Non per nulla al termine di ogni capitolo si rivolgono al lettore una serie di “domande per la riflessione e la discussione”, capaci di risvegliare le coscienze assonnate.
Accostiamo, infine, il testo di un altro arcivescovo inglese, questa volta cattolico, che è stato dal 2006 al 2013 nunzio (ambasciatore) del papa in Egitto e che è anche un apprezzato islamologo, Michael L. Fitzgerald. Il suo scritto appartiene a un genere letterario classico, quello degli “Esercizi spirituali” che hanno il loro archetipo in s. Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti. L’originalità di queste pagine è nella loro dimensione interreligiosa: accanto alla stella della Bibbia viene fatta brillare anche quella dell’autentica spiritualità musulmana legata ai «bellissimi nomi» di Dio. Si delinea, così, un armonico e singolare contrappunto tra le due fedi che si ritrovano spalla a spalla nel contemplare il volto del Dio creatore, trascendente eppure vicino (più di quanto lo sia per noi la nostra aorta, dice il Corano), re e signore eppure buono e misericordioso, guida nel cammino tempesto so della storia, generoso e fedele e soprattutto «nostra pace» suprema perché anche nel Corano si proclama che «Egli è Dio, non c'è altro dio che Lui, il Re, il Santo, al-salam, cioè la Pace» (59,23).

Alexis Jenni, Il volto di tutti i volti , pagg. 132, € 14
Rowan Williams, Dio secondo Paolo , pagg. 118, € 11
Michael L. Fitzgerald, Lodate il nome del Signore , pagg. 192, € 15.
Tutti questi libri sono editi da Qiqajon, Bose (Biella)

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La fede cristiana ridetta altrimenti

“Dio non può avere volto, ma i volti sovrapposti di tutti quelli che lo ascoltano e lo sentono formano quello di Cristo, volto multiplo e mite, volto collettivo in una sola persona, volto che, al modo fantomatico dei volti, assomiglia a tutti e a ciascuno”. In una meditazione nutrita di ricordi e di passione, l’autore compone un magnifico inno ai sensi: attraverso di loro arriva a delineare il volto da tanti cercato e “una fede che non sia meschina enunciazione della norma, ma annunciazione”.

Alexis Jenni (Lione 1963), insegnante di biologia, è uno scrittore francese. Il suo romanzo d’esordio, L’arte francese della guerra, ha vinto nel 2011 il prestigioso Prix Goncourt.

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Nella sua vita l’apostolo Paolo ha fatto la sconvolgente esperienza di essere accolto e amato senza riserve da quel Gesù che perseguitava: nei suoi scritti egli ci conduce a superare tutte le “immagini” di Dio acquisite, per accedere alla dirompente novità del vangelo, quell’accoglienza universale che abbatte le divisioni tra le persone. L’autore, in queste appassionate riflessioni nutrite di studio e di preghiera, guida alla scoperta dell’energia e della freschezza della testimonianza paolina e mostra quanto Paolo, uomo del suo tempo sconvolto dall’incontro con Gesù e dal Dio che Gesù ha narrato, sia stato coraggioso e creativo.

Rowan Williams (Swansea 1950) dal 2002 al 2012 è stato arcivescovo di Canterbury. Teologo formatosi a Cambridge e a Oxford sulla grande tradizione delle chiese d’oriente e d’occidente, ha sempre cercato di rendere intellegibile il messaggio del vangelo agli uomini e alle donne di oggi. Con le edizioni Qiqajon ha pubblicato tra gli altri Il Dio di Gesù nel Vangelo di Marco (2014).

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Meditazioni sui nomi di Dio nel Corano e nella Bibbia

I testi raccolti in questo volume, redatti in forma di esercizi spirituali, hanno come fine di condurre il lettore alla meditazione e alla preghiera: ogni meditazione presenta innanzitutto alcuni dei nomi di Dio come si trovano nel Corano, a cui fa seguito una riflessione sui temi simili nella Bibbia. Alla luce di ciò che la tradizione mistica musulmana e quella biblica affermano sui nomi divini, ci avviciniamo così al mistero di Dio. Si tratta di un “pellegrinaggio interiore” nel paese dell’altro: un cammino grazie al quale non ritroviamo solo l’altro, pur se differente nell’espressione della sua fede, ma anche il totalmente Altro, colui il cui nome è al di sopra di tutti i nomi.

Michael L. Fitzgerald (Walsall 1937), arcivescovo, membro della congregazione dei missionari d’Africa e islamologo, è stato direttore del Pontificio istituto di studi arabi e di islamistica (Pisai); in seguito è divenuto prima segretario e poi presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Dal 2006 al 2013 è stato nunzio apostolico in Egitto.
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