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Lisa Cremaschi Padri Chiesa: Girolamo

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“Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo”

La Scrittura nella vita del cristiano secondo Girolamo

Girolamo nacque nel 347 a Stridone, al confine tra la Dalmazia e la Pannonia.
Ricevette il battesimo a Roma, dove si era recato per completare la sua formazione scolastica. Al termine degli studi partì alla volta di Treviri, sede imperiale, molto probabilmente con l’intenzione di seguire la carriera burocratica. Qui il giovane Girolamo entrò in contatto con le comunità monastiche del luogo; fu un incontro decisivo che segnò profondamente la sua vita. Al ritorno in Italia sostò per un certo tempo ad Aquileia, dove diede vita a una comunità monastica insieme a Rufino, Bonoso, Cromazio, Eliodoro, attorno al vescovo di Aquileia. Alla comunità appartenevano anche delle donne. In questi anni ricopiò diverse opere di grandi autori cristiani: Tertulliano, Cipriano, Ilario. Per ragioni a noi ignote il gruppo si sciolse; Rufino partì per il deserto egiziano e più tardi si stabilì a Gerusalemme. Girolamo continuò la sua vita ascetica nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo, dove si dedicò allo studio delle lingue bibliche. Fu ordinato presbitero ad Antiochia da Paolino e con lui nel 381 si recò a Costantinopoli dove divenne amico di Gregorio di Nazianzo. Due anni più tardi partì per Roma; qui con la sua competenza negli studi biblici, la sua conoscenza del mondo orientale, la sua passione ardente per l’evangelo, conquistò la stima e l’amicizia di papa Damaso che lo nominò suo segretario. Con il suo accordo Girolamo iniziò l’opera di revisione della traduzione delle Scritture che lo terrà impegnato per diversi anni. A Roma, inoltre, divenne maestro e padre spirituale di un gruppo di donne dell’aristocrazia romana che si radunavano per lo studio delle Scritture e manifestavano un vivo interesse per la vita monastica.
Alla morte di Damaso, avvenuta nel 384, si acuì la crescente ostilità nei confronti di Girolamo; fu accusato di aver provocato con i suoi eccessi ascetici la morte della giovane Blesilla, fu osteggiato per la sua revisione dei testi biblici, ritenuta una sconveniente innovazione che creava turbamento nella gente, fu temuto e odiato da molti a motivo delle sue pungenti critiche nei confronti del clero romano. Il successore di Damaso, papa Siricio, non volle o non poté prenderne le difese. Girolamo stesso, del resto, con il suo temperamento focoso e passionale non contribuì di certo ad acquietare gli animi. Così nel 385 lasciò Roma e si imbarcò per l’oriente seguito dopo breve tempo da Paola e altre compagne. Durante il viaggio sostò a Cipro e ad Antiochia, fece un pellegrinaggio nei luoghi santi e quindi soggiornò per un certo tempo ad Alessandria dove conobbe il grande esegeta Didimo il cieco; visitò anche i centri monastici egiziani e infine nel 386 si stabilì a Betlemme dove, nel volgere di pochi anni, provvide alla fondazione di un monastero femminile e di un monastero maschile.
Da Betlemme partecipò attivamente alle discussioni e alle controversie che agitarono la chiesa in quegli anni. In particolare fu direttamente coinvolto nella controversia origenista. Girolamo, che un tempo era stato un grande ammiratore di Origene e ne aveva tradotto delle omelie in latino, a partire dal 393 ne denunciò gli errori e si oppose violentemente al vecchio amico Rufino e al vescovo di Gerusalemme, Giovanni, ambedue ferventi origenisti. Si aprì un aspro conflitto, al termine del quale Rufino si chiuse nel suo silenzio, Girolamo perseverò ostinatamente nella sua polemica aggressiva e pungente.
I rapporti con Agostino furono inizialmente segnati da una certa diffidenza; il vescovo di Ippona esternò le sue preoccupazioni sulla nuova versione della Bibbia approntata da Girolamo, che rischiava, a suo avviso, di indurre a un rigetto della Bibbia dei LXX, di portare a un avvicinamento al giudaismo e, al tempo stesso, di scandalizzare il popolo di Dio abituato all’usuale versione latina. Con il tempo i malintesi si dissiparono e i due si ritrovarono uniti nella lotta contro le dottrine diffuse da Pelagio. I pelagiani, violentemente attaccati da Girolamo sfogarono la loro ira sui monasteri da lui fondati a Betlemme, ne incendiarono alcuni, uccisero un diacono. Girolamo riuscì a salvarsi. Morì il 30 settembre del 419.
La sua vastissima produzione letteraria comprende le versioni della Bibbia, numerosi commenti biblici, traduzioni di scritti monastici, diverse biografie di santi monaci, alcune opere polemiche e, infine, una fitta corrispondenza, che rivela la cultura letteraria e biblica, e il forte temperamento passionale del loro autore.
La fama di Girolamo è legata anzitutto alla Vulgata. Resosi conto delle notevoli divergenze esistenti tra le diverse versioni latine in uso nella chiesa del suo tempo, Girolamo iniziò un lavoro di revisione sistematica della Bibbia, ma procedendo in questa sua opera, consultando le opere di Origene e familiarizzandosi con la sua metodologia, si convinse della necessità di una traduzione diretta dal testo ebraico, per attingere a quella che chiamerà l’hebraica veritas. Completò la traduzione dell’Antico Testamento ebraico tra il 405 e il 406. Dei deuterocanonici tradusse Tobia e Giuditta e le parti di Ester e Daniele non conservate in ebraico. Questa versione, a eccezione del salterio, entrò a far parte della Vulgata. Nel suo lavoro Girolamo si era valso dell’aiuto di ebrei del luogo e dell’appoggio delle versioni riportate negli Hexapla di Origene Nonostante le iniziali diffidenze, la Vulgata si impose nell’uso liturgico dell’occidente.
Accanto al lavoro di revisione e traduzione dei testi biblici, Girolamo si dedicò al lavoro esegetico. Nonostante un interesse sempre più marcato per l’esegesi letterale, Girolamo resta nel solco dell’interpretazione origeniana delle Scritture.
Diverse opere sono dedicate al dibattito di questioni teologiche; in questo genere di scritti la polemica, molto spesso dirottata su un piano personale, prevale sull’approfondimento teologico. La passione che animava Girolamo nella difesa della verità sfocia sovente in una satira tagliente, in una violenza verbale piena di sarcasmo nei confronti dell’avversario. Girolamo con la sua attività di traduttore rese accessibili al mondo latino diverse opere greche.
Il ricco epistolario che comprende 125 lettere autentiche, ci offre un ritratto dell’autore: la sua passione ardente per la vita monastica, il suo amore per le Scritture, l’aggressività di un uomo violento e passionale, che mette a dura prova l’affetto degli amici e la pazienza di Agostino, ma anche l’amore paterno, tenero e delicato per i suoi figli e le sue figlie spirituali, il suo stile letterario vivace e raffinato, il tormento di un uomo dibattuto tra la seduzione delle belle parole e quello della parola di Dio (si pensi al famoso sogno riferito nell’Epistula 22,30 nel quale il Signore gli appare dicendogli: “Sei ciceroniano, non cristiano!”).
L’eredità spirituale di Girolamo è data dall’amore passionale per la Scrittura, studiata, amata, pregata, praticata, predicata. “Chi non conosce le Scritture, non conosce la potenza di Dio e la sua sapienza: ignorare le Scritture significa ignorare Cristo”, scrive nel prologo al suo commento al profeta Isaia. A Eustochio consiglia: “Leggi molto spesso e impara più che puoi. Il sonno ti sorprenda mentre hai un libro in mano e una pagina santa accolga il tuo volto quando cade” (Lettere 22,17.40). Al prete Nepoziano scrive: “A servizio di Cristo non cercare interessi materiali; non ti succeda di avere di più di quando sei diventato chierico ... La tua modesta tavola la conoscano i poveri, i pellegrini e tra di essi Cristo, loro commensale. Fuggi quasi come la peste un chierico affarista, uno che da povero che era è diventato ricco, uno che di oscuri natali è diventato borioso ... Leggi molto spesso le divine Scritture, o piuttosto, mai le tue mani depongano il testo sacro. Studia quello che devi insegnare, tienti stretto a quella parola di fede conforme alla dottrina perché le tue esortazioni si fondino su una dottrina sana e tu possa confutare chi contraddice. Rimani fedele a quanto hai imparato e che ti è stato affidato, perché sai da chi l’hai ricevuto (2Tm 3,14), sempre pronto a rispondere a chiunque ti chiede ragione della speranza che è in te (cf. 1Pt 3,15). Le tue azioni non facciano arrossire le tue parole, perché non ti accada, quando parli in chiesa, che qualcuno dentro di sé replichi: “Perché allora tu stesso non fai tutto questo?”. Bel tipo un maestro che discetta di digiuni a pancia piena. Anche un ladro può accusare l’avarizia. La mente e la bocca del presbitero di Cristo siano concordi ... Devi evitare di stare a pranzo con persone di mondo, specie con quelle che vanno tronfie per le cariche. È vergognoso che alle porte di chi è presbitero di un Signore crocifisso, povero e che mangiava un cibo offerto da altri, montino la guardia dei littori consolari e dei soldati; così pure che un giudice mangi meglio a casa tua che a palazzo. Se pretendi dire che fai questo per intercedere a favore dei miseri e degli umili, sappi che un giudice del mondo rispetta maggiormente un chierico modesto che uno ricco e in te venera la santità più che i beni materiali (Lettere 52,5.7.11).

Per saperne di più: D. Gorce, La lectio divina nell’ambiente ascetico di S. Girolamo, Bologna 1990.

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