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Raffaela D'Este Monastero Bose "Dopo questi fatti"

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Raffaela D'Este Monastero di Bose
21 aprile 2017

Gv 21,1-14

1 Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2 si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli.
3 Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
4 Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5 Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6 Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7 Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8 Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
9 Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10 Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». 11 Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12 Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13 Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14 Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

La pericope odierna, tratta dall’ultimo capitolo del quarto vangelo inizia con: «Dopo questi fatti».
C’è un prima e un dopo. Ora per i discepoli è il tempo che viene dopo la sequela, in cui sono stati coinvolti, e dopo gli eventi della vita di Gesù, di cui sono divenuti testimoni. C’è un dopo che li riporta tuttavia ai luoghi iniziali della loro vicenda: siamo nuovamente in Galilea, lungo le rive del lago di Tiberiade. I discepoli sono ricondotti al punto iniziale, ma hanno vissuto una storia, che i loro nomi tradisce: Pietro, Tommaso Natanaele. Natanaele è stato il primo ad esclamare: “Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!” (Gv 1,29: confessione messianica che nei sinottici appare solo al momento della croce); Tommaso, dopo il dubbio ostinato, gli ha fatto eco confessando in prima persona: “Mio Signore e mio Dio!” e Pietro aveva riconosciuto: “Tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,69). A questi discepoli il Padre aveva già concesso di proclamare la pienezza della fede. Anche i figli di Zebedeo e gli altri due fra i discepoli (cfr Gv 1,37) rimandano ai testimoni privilegiati che hanno seguito Gesù fin dall’inizio e che hanno conosciuto il suo amore.

Tre volte è detto che Gesù si manifestò, tre volte è ripetuto: “E’ il Signore”. Eppure la manifestazione di Gesù non è evidente: i discepoli non sapevano che era Gesù. Gesù li chiama: “Figlioli” (ricorrenza unica nel quarto vangelo ma presente nelle lettere), fa loro una richiesta e una promessa: “Troverete”.

Ci possiamo chiedere: come i discepoli passano da un non sapere a quella certezza profonda che li riempie di timore reverenziale e che solo il discepolo amato sa portare alla parola? Essi sperimentano la presenza del Signore nella loro vita e nella loro azione. Gesù “stette” sulla riva del lago: questo verbo rinvia alla presenza del Risorto in mezzo ai discepoli (Gv 20,19.26). C’è tuttavia anche un’altra presenza che essi vivono. Il discepolo amato riconosce che il frutto dell’opera delle sue mani è in realtà un dono.

L’annuncio della resurrezione temerariamente è fatto tramite le parole; giustamente anche qui è ricordato il timore, perché ci si trova alla presenza del Santo. Come possiamo dire di conoscere la resurrezione? Forse possiamo tratteggiarla in termini di comunione: il Signore è presente, chiama, chiede di compiere un’opera che da soli non potremmo mai fare. Pietro strinse la veste attorno ai fianchi – segno di vigilanza – e si gettò in mare, senza paura di entrare in quel simbolo della morte, attratto dal desiderio di raggiungere Gesù. La presenza del Risorto dà ai discepoli forza, vigilanza, gratitudine.

Il Signore aveva già acceso un fuoco e preparato un pasto e ora chiede ai discepoli di unire il loro dono al suo.

Al risplendere dell’alba Gesù stette sul litorale, ora “viene” (la traduzione italiana dice “Gesù si avvicinò”, in realtà l’espressione, al presente, è molto più forte).

“Dopo questi fatti” le cose non sono più come prima: nei discepoli c’è la consapevolezza di una comunione. Essi possono riconoscere il Veniente, vedere che i suoi gesti sono benedizione, udire nel suo invito “venite” (il termine tecnico usato dai sinottici per dire la sequela) il comandamento che dona vita.

Fonte: Monastero di Bose
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