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Lisa Cremaschi Padri Chiesa - Il Pastore di Erma

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La pietra tondeggiante, se non è ritagliata e non perde una parte di sé non può diventare quadrata e non è utile per la costruzione
La comunità cristiana nel Pastore di Erma

Le notizie su Erma ci provengono da due fonti: il Canone Muratoriano e l’opera stessa di Erma. Il Canone Muratoriano afferma: “Ai nostri giorni, nel nostro tempo, nella città di Roma, Erma scrisse Il pastore, quando suo fratello Pio, vescovo, era assiso sulla cattedra di Roma”. Pio fu papa intorno al 142-155 e dunque la redazione del Pastore potrebbe essere collocata intorno al 150. Il Pastore viene lodato e ritenuto Scrittura da Ireneo e da Clemente Alessandrino. Origene lo ritiene un libro ispirato, ma non dimentica che alcuni lo stimano poco; Tertulliano lo considera Scrittura, ma divenuto montanista respinge con furioso rigorismo “questa Scrittura adultera e protettrice degli adulteri” (La pudicizia 10,11).

Allo stato attuale il testo risulta composto da tre grandi parti: le Visioni, i Precetti, le Similitudini. Molte ipotesi sono state avanzate circa la redazione finale del Pastore, ritenuta da alcuni opera di un unico autore che attinse a documenti di diversa provenienza e da altri considerata frutto di un’elaborazione successiva di autori diversi. La redazione finale presenta uno stile spesso oscuro e confuso.
Nella prima parte dell’opera l’autore fornisce numerose notizie autobiografiche che molto probabilmente hanno un significato simbolico. Erma era un liberto cristiano; dedicatosi al commercio divenne molto ricco; immerso negli affari, non si curò della sua famiglia e i figli si abbandonarono ad ogni sorta di vizi e apostatarono e denunciarono i genitori. Un’anziana donna, figura della chiesa, apparsa in visione a Erma, gli rimproverò i suoi peccati esortandolo a convertirsi; apparsagli una seconda volta in aspetto giovanile, la donna gli consegnò un libro che Erma ricopiò, ma il cui senso gli fu svelato solo dopo un tempo di digiuno e di penitenza; quel libro conteneva l’ordine di annunciare all’autorità della chiesa che Dio concedeva una seconda possibilità di fare penitenza e ricevere il perdono dei peccati, dopo quello ricevuto nel battesimo. Nella terza visione la donna mostra a Erma sei giovani che stanno costruendo una torre e che, tra le molte pietre che vengono loro portate, scartano quelle che non si adattano alla costruzione. La donna spiega che la torre è immagine della chiesa. Soltanto alcuni tipi di pietre sono utilizzate per la sua costruzione: le pietre quadrate e bianche, che combaciano con le loro giunture, e rappresentano gli apostoli, i vescovi, i maestri e i diaconi che hanno servito Dio in santità e giustizia; le pietre tratte dal fondo, che combaciano con le altre pietre già messe al loro posto, figura dei martiri. Alcune pietre vengono lavorate prima di essere inserite nella torre: rappresentano i cristiani convertiti da poco che hanno ancora bisogno di essere “lavorati” dal Signore prima di entrare in comunione con gli altri. Ma ci sono anche pietre che non si adattano alla costruzione; sono rotonde, non si sono lasciate squadrare, oppure sono crepate, non sono solide. Rappresentano i cristiani instabili nella loro fede, quelli che non hanno saputo rinunciare alle ricchezze, che vivono nel compromesso.
Una giovane fanciulla, simbolo della chiesa che per la speranza della conversione dei suoi figli riprende vigore e ringiovanisce, profetizza una grande persecuzione che si abbatterà sui credenti. Nella quinta visione appare il Pastore, “l’angelo della penitenza”, che d’ora in poi vivrà accanto ad Erma e gli consegnerà i suoi precetti e le sue parabole. I dodici precetti, che costituiscono la seconda parte dell’opera, riguardano l’amore di Dio e l’amore del prossimo, e le dieci similitudini o parabole trattano della condizione del cristiano che, straniero su questa terra, deve vivere in obbedienza alle leggi della città celeste.
Tema fondamentale del Pastore è l’annuncio della possibilità di un’ulteriore penitenza, dopo quella connessa al battesimo. In una comunità cristiana che ha perduto il fervore primitivo e che non vive più come imminente il ritorno del Signore, si leva l’appello di Erma alla conversione e l’annuncio della misericordia del Signore che concede ancora un tempo per pentirsi e ritornare a lui. Ma questa seconda penitenza è eccezionale, unica, non ripetibile. La non ripetibilità è un principio che perdura nella chiesa fino al VII secolo. La penitenza post-battesimale è dunque un’innovazione che Erma è incaricato di annunciare. Il Pastore, definito da J. Tixeront “un vasto esame di coscienza della chiesa romana” (Histoire des dogmes, vol. I, Paris 1909, p. 122), vuole infondere coraggio in chi ha peccato e cede alla tentazione della disperazione, tentazione resa più acuta dal diffondersi di un accentuato rigorismo morale, e intende ridestare fiducia nella misericordia del Signore, una misericordia che non induce a indifferente lassismo, ma a un rinnovamento della vita di fede. Il tempo concesso per la penitenza, tuttavia, non è indefinito. Il messaggio di Erma oscilla tra l’annuncio della sospensione della costruzione della torre, che consente alle pietre inadatte di essere rilavorate e corrette dalla penitenza, e l’invito ad affrettarsi perché la fine della costruzione è ormai vicina. Nulla viene detto delle modalità di questa penitenza che si presuppongono note ai lettori.
Il Pastore fu circondato da grandissima venerazione nella chiesa dei primi secoli e la sua lettura fu sovente consigliata accanto a quella della Scrittura. Il Canone di Muratori (lin. 73-80), pur vietandone la lettura liturgica, esorta i cristiani a meditarlo privatamente. Ma assai presto l’Oriente cristiano mostrò diffidenza nei confronti del Pastore come nei confronti di tutte le altre apocalissi; alla fine del IV secolo, in occidente, Girolamo testimonia che l’opera è quasi completamente sconosciuta.

Per il testo del Pastore di Erma, rinviamo a I padri apostolici, a cura di A. Quacquarelli, Città Nuova, Roma 1978.

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