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Enzo Bianchi Commento Vangelo XVII Tempo O.

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La moltiplicazione dei pani 
26 luglio 2015 
XVII domenica del tempo Ordinario
Commento al Vangelo 
di ENZO BIANCHI 
dal sito del Monastero di Bose 


Gv 6,1-15 

L’ordo delle letture bibliche dell’annata liturgica B ha previsto che, giunti nella lettura cursiva di Marco all’evento della moltiplicazione dei pani (cf. Mc 6,35-44), si interrompa la lettura del vangelo più antico e la si sostituisca con la lettura dello stesso episodio narrato nel quarto vangelo. Per cinque domeniche si legge dunque il capitolo 6 di Giovanni, un testo che richiede una breve introduzione generale.


In verità questo capitolo, tutto incentrato sul tema del “pane di vita”, che mai appare altrove, appare piuttosto isolato nello svolgimento del racconto giovanneo. Con buona probabilità, si tratta di un brano aggiunto più tardi per dare alla chiesa giovannea una catechesi sull’eucaristia, il cui racconto è mancante nel quarto vangelo, sostituito da quello della lavanda dei piedi (cf. Gv 13,1-17). Se questa ipotesi fosse vera, questo capitolo diventerebbe ancora più importante, perché proprio trattando il tema dell’eucaristia si conclude con la confessione dell’identità di Gesù: per i giudei è il figlio di Giuseppe, semplicemente un uomo della Galilea (cf. Gv 6,42), mentre Gesù dichiara di essere il Figlio di Dio, colui che è suo Padre (cf. Gv 6,40); e ciò è confermato da Pietro e dagli altri discepoli, che riconoscono in lui “il Santo di Dio” (Gv 6,69).

1 Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9«C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». 10Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.


Una grande folla segue Gesù, perché egli ha compiuto dei segni, guarendo i malati. Questa sembra l’ora del successo per Gesù, che rinnova le meraviglie dell’esodo e le azioni dei profeti, assenti in Israele almeno da cinque secoli. In realtà si tratta di una folla incredula e quel “grande raduno” si risolverà nell’epifania di una più grande distanza tra Gesù e quanti correvano a vederlo in cerca di straordinario, ma senza ascoltare le sue parola. Anche di quella folla, però, Gesù ha compassione e vuole saziarla di cibo. L’evangelista annota che “era vicina la festa di Pasqua”, dunque quella è un’ora vigiliare (come lo sarà per l’istituzione eucaristica secondo i sinottici!). La Pasqua era anche la festa dell’offerta delle primizie, il primo raccolto di cereali destinati a diventare pane (cf. Es 9,31; Rt 1,22, ecc.). Ma il cibo che Gesù vuole dare non può essere comprato nelle panetterie, né si potrebbe pagare in modo adeguato, come pensa Filippo…

Ormai è presente Gesù, il profeta escatologico, ben più di Eliseo che aveva moltiplicato i pani d’orzo (cf. 2Re 4,42-44). Un altro discepolo, Andrea, gli fa notare la presenza di un ragazzo che ha con sé cinque pani d’orzo (i pani primizia) e due pesci. Questi vengono presentati a Gesù, non al tempio, e attraverso quell’offerta egli compie il segno: quei pani e quei pesci condivisi sazieranno tutti, in un banchetto pasquale, primaverile, che vede tanta gente sdraiata sull’erba del prato come nel banchetto escatologico, come in un banchetto pasquale celebrato da persone libere, non schiave. Quella folla è immensa, costituita da più di cinquemila uomini, ma il cibo dato da Gesù basterà per tutti: nella vita cristiana si ha sempre poco, ma il poco condiviso basta per tutti!

L’azione compiuta da Gesù è quella che i sinottici mettono in evidenza sia nella moltiplicazione dei pani (cf. Mc 6,30-44 e par.; 8,1-10; Mt 15,32-39) sia nell’istituzione eucaristica avvenuta durante la cena pasquale (cf. Mc 14,22-26 e par.), sia nel pasto del Risorto con i discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,30):

Gesù prese i pani e,
dopo aver reso grazie, fatto eucaristia (eucharistésas),
li distribuì ai commensali,
e lo stesso fece dei pesci,
quanto ne volevano.

Questa è l’azione eucaristica di Gesù, ma è anche il rinnovamento dei prodigi con cui Dio diede la manna al suo popolo nel tempo dell’esodo (cf. Es 16), è anche l’azione del Dio pastore che fa riposare il suo popolo su pascoli di erbe verdeggianti (cf. Sal 23,2), è anche il rinnovamento del gesto profetico di Eliseo.

Così tutta quella folla viene saziata da Gesù con una tale abbondanza che ne mangiarono “quanto ne volevano” e ne avanzarono pure dodici canestri. Ma questa azione di Gesù è un “segno” (semeîon), non è semplicemente un miracolo straordinario: un segno nel senso che richiede alla folla la capacità di risalire dal pane al donatore del pane, di non fermarsi a guardare il miracolo ma a colui che il miracolo indica. La folla invece, meravigliata dal miracolo, si serve di esso per sentirsi esaudita nelle proprie attese. Sapeva che, secondo la Legge, il Signore avrebbe suscitato un profeta pari a Mosè (cf. Dt 18,15), ed è pronta a riconoscerlo in Gesù; si aspetta però che egli si manifesti come un re, come un potente di questo mondo. Sì, è stato così allora ed è ancora così: di fronte a un’azione grandiosa gli esseri umani sono disposti a riconoscere che chi la compie è un profeta promesso e inviato da Dio, ma egli deve comportarsi come i potenti di questo mondo, per poterli sconfiggere con le loro armi, per poter portare la liberazione…

Il segno operato da Gesù si rivela dunque come un vero fallimento. La folla numerosa misconosce Gesù, lo interpreta e lo vuole secondo i propri desideri e le proprie proiezioni, non è disposta ad accettare un Messia, un Profeta al contrario: un uomo mite, un servo del Signore e degli umani, che chiede di comprendere che cosa indica quel pane donato in abbondanza. È significativo che Giovanni scriva che “volevano impadronirsi di lui per farlo re”, cioè volevano renderlo un oggetto, un idolo secondo i loro desideri, volevano un Messia con un altro stile, con un programma messianico mondano. Ma Gesù rifiuta quel potere che gli vogliono dare e fugge, così come aveva fuggito le tentazioni nel deserto (cf. Mc 1,12-13; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13). Egli si ritira nella solitudine della montagna, discernendo l’illusione di un apparente successo, che non può né desiderare né accettare. Salendo su quel monte da solo, avendo lasciato a valle anche i discepoli, pure loro inadeguati a comprendere, Gesù con infinita compassione si ripeteva: “Non hanno capito nulla, continuano a non comprendere nulla”, e certamente li affidava al Padre…

Al termine di questa lettura dobbiamo sentire che quella folla siamo noi, sempre facilmente religiosi ma sempre faticosamente credenti, sempre in cerca di un Dio che si impone e si fa valere: il Dio fabbricato dai nostri desideri e dalle nostre brame, non quello che Gesù ha cercato di svelarci come unico Dio.

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