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Bruno Forte Massimo Cacciari La ricerca di Dio

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  1. Bruno Forte                       
  2. Massimo Cacciari
  3. Domande e dibattito
È un auditorium gremito quello che accoglie Massimo Cacciari e monsignor Bruno Forte nell’incontro organizzato dal parroco di San Paolo apostolo don Gianni Sciorra. Al centro del dibattito “La ricerca di Dio”, su cui il filosofo e il teologo, legati da un trentennale rapporto di amicizia e stima, si sono confrontati alla presenza di un pubblico, in cui spiccava la presenza di molti giovani, che ha ascoltato con vivo interesse le loro argomentazioni. La prima riflessione è stata affidata al vescovo Forte, che ha parlato dei tre volti di Dio.
“Il primo volto è quello del Dio consolatore, l’unico che riesce a dare a cuore di chi lo ama una gioia infinita”. Il secondo volto è quello che presenta Dio “come un fuoco divorante, un volto che potrebbe sembrare non bello. Sperimenti Dio come fuoco divorante quando lo senti sordo al gemito del tuo dolore”. Il terzo volto è quello che “io chiamo l’eterno Emmanuele. Il Figlio eterno ha abitato le nostre sofferenze, è un Dio umano, agli antipodi del Dio giustiziere”.
Cacciari ha “risposto” alle esortazioni di Bruno Forte compiendo un percorso di riflessione con i canoni della filosofia. “La filosofia non può presupporre nessuna rivelazione. I primi filosofi sono laici che indagano soltanto sulla base della propria ragione i principi della phisis”. Cita poi Leibniz, che dice “si comincia filosofi, si finisce teologi”, indicando poi quelle domande che non possono “essere evitate, perchè arrivi a chiederti vi è un inizio? vi è un fine? c’è un perchè?”. Attraverso questi punti Cacciari ha argomentato la ricerca di Dio dal suo punto di vista, arrivando a concludere che “non c’è contrarietà tra il discorso di Bruno e il mio. Sarebbe diverso se alla fine del mio discorso dicessi questo è il volto di Dio. Invece restiamo su due argomentazioni che possono coesistere assieme”. Spiega poi come "la verità va cercata", citando anche Sant'Agostino. Non mancano i rimandi tra i due sulle rispettive argomentazioni, in un dialogo che esprime le proprie posizioni ma si pone sempre in una dimensione di ascolto e ricerca. Su questo aspetto, Cacciari, interrogato dal pubblico sulla sua ricerca di Dio ha detto "il mio atteggiamento è stato sempre di estrema curiosità, forse anche troppa". A monsignor Forte non è mancata la battuta "e io ho sempre pregato per te!".
Spazio poi alle domande, con interessanti quesiti, anche di carattere personale, posti dagli studenti e dal pubblico in sala. Nelle risposte Massimo Cacciari ha risposto in maniera molto completa, con qualche punta di ironia, senza lesinare critiche al mondo politico. Parlando della situazione attuale ha detto: “Oggi c’è chi professa la sua innocenza rispetto alla situazione che viviamo. Ma non è che l’innocenza sia di per sè competenza. È importante che i colpevoli dichiarino la loro colpevolezza e se ne vadano. Se, allo stesso tempo, gli innocenti si mettono a studiare si può andare avanti”. Come punto di riferimento per i giovani ha indicato semplicemente “il fare bene ogni giorno le proprie cose”. Gli ha fatto eco padre Bruno. “Sono sospettoso verso il giovanilismo facile. Non facciamo la distinzione giovani-vecchi, ma guardiamo alle persone credibili nell’umiltà del quotidiano, non quelle che vanno gridando io sono credibile. Il vero criterio di misura di ogni azione politica è che essa si metta al servizio della gente”. Sulle speranze che possono avere i giovani sul loro futuro l'arcivescovo dice che "la storia ci ha dimostrato che sono possibili incredibili resurrezioni. E io sono fiducioso per natura, anche se so che la situazione è davvero difficile". Un interessante pensiero Cacciari lo ha espresso sul concetto di bene comune. “Il bene comune è semplicemente quello che non è di nessuno. Chi è nelle nostre città che riconosce un bene che non è di nessuno? Se manca questo riconoscimento le città diventano un condominio, si vive male, perchè ci si chiude ognuno in se stesso. Io vivo male in una città dove tutti sono proprietari. Se invece riconosciamo il bene comune viviamo meglio”.

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