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Commento alle letture 12 febbraio 2012 (G.Bruni)

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Giancarlo Bruni, (1938) appartiene all'Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose. Risiede un po’ a Bose e un po’ all’eremo di San Pietro alle Stinche (FI).


Letture:Lv 13,1-2.45-46; 1 Cor 10,31-11,1; Mc1,40-45
«La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato»

1. Per l’evangelista Marco la via della conoscenza di Gesù e del suo significato permanente è data dai suoi incontri con l’uomo diminuito da una turbe psichica, da una febbre alta e, oggi, dalla lebbra. Incontri rivelativi di un Dio che mostra di non sopportare la diminuzione dell’uomo, e la scure viene poste alla radice di ogni immagine di un Dio esterno all’uomo che carica l’uomo di precetti pesanti pronto a castigarlo se non le osserva: «Il mio giogo infatti è leggero e il mio peso dolce» (Mt 11,30).

2. Illuminante a questo proposito è l’incontro tra Gesù e il lebbroso. Nel sistema giuridico ebraico il lebbroso veniva catalogato nel registro degli «impuri» da evitare, la sua malattia contagiosa lo costringe a una dimora a distanza debita dai luoghi abitati (Lv 13-14). Una norma tesa in positivo a salvaguardare i sani mentre, per una certa mentalità, il suo status poteva voler dire anche lontananza da Dio, da lui castigato a motivo dei suoi peccati e da lui distante non potendo partecipare alla vita cultuale del popolo. In breve la separazione è lo statuto del lebbroso, dagli altri e da Dio. Una condizione non desiderata come testimonia l’iniziativa del lebbroso della pagina evangelica che varca i confini del suo isolamento e «viene» da Gesù (Mc1,40). Un venire spinto da un desiderio convertito in supplica: «Se vuoi, puoi purificarmi» (Mc1,40); un desiderio indice di una lettura di Gesù come colui «che ha autorità» (Mc1,22); un desiderio che combacia con quello di Gesù: «Lo voglio, sii purificato. E subito la lebbra scomparve ed egli fu purificato» (Mc1,41). Dio, e la cosa non è mai sottolineata abbastanza, non è distributore di malattia ma l’esatto contrario. La volontà di Dio in Gesù è volontà di bene, la potenza di Dio in Gesù è potenza messa al servizio della restituzione al villaggio umano e alla pubblica pratica religiosa degli emarginati; è traduzione di compassione: «Ne ebbe compassione» (Mc1,41). Il Dio di Gesù non manda mali, non castiga, non accusa, non emargina, non dichiara impuro nessuno ma la sua opera è di manifestare il suo forte e tenero amore per coloro che vengono ritenuti i puniti da Dio, nel caso esemplificati dai lebbrosi. In altri termini Dio il puro in Gesù il puro varca i confini della lebbra umana dai molti nomi per restituire l’uomo alla sua bellezza fontale. La sottolineatura di questo aspetto centrale non deve tuttavia attenuare altre sfaccettature volutamente fatte trapelare dall’evangelista. Il racconto di guarigione è immediatamente fatto seguire da una scena che merita considerazione: Gesù si rivolge con severità e indignazione al lebbroso guarito, lo allontana da sé, lo ammonisce di non parlare con nessuno dell’accaduto e lo invia all’istituzione religiosa perché, secondo norma, ne verifichi la guarigione e ne dichiari l’idoneità al reinserimento sociale. Cose che il sanato non fa divulgando il fatto e costringendo Gesù al nascondimento (Mc1,43-45). L’ evangelista riassume una situazione di disagio in cui è venuto a trovarsi Gesù, il rischio di venire ridotto a un guaritore itinerante da sfruttare in obbedienza alle proprie aspettative di guarigione (Mc1,32). Una lettura a cui Gesù si sottrae e di cui impedisce la divulgazione, indice di una comprensione parziale dei suoi gesti che lo indurrà a non compiere più miracoli in nome dell’unico e grande miracolo: la capacità di amare fino al dono di sé anche in corpi e in anime feriti. Il Gesù che guarisce è il Gesù che conoscerà il patire senza esserne liberato a segno che la vera guarigione sta nell’amare in tempi di benessere e in tempi di malessere.
3. Indicazioni illuminanti. La sequela di Gesù in ultima istanza non si gioca sul miracolo e su una propria iniziativa di farlo conoscere come guaritore, ma sul fare strada con lui, su una intelligenza sempre più profonda dei suoi gesti, sull’ascolto della sua parola e sull’essere inviati da lui. Nello stupore, quello della folla, nel silenzio attento, quello dei discepoli, e nell’attesa del tempo dell’invio a dire. Marco avvisa i suoi lettori-uditori: vi sono visioni di Gesù e annunci su Gesù non scevri da ambiguità anche se portatori di successo: «Venivano a lui da ogni parte…ma Gesù rimaneva fuori, in luoghi deserti» (Mc1,45).
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